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WE CAME TO DANCE
Di Ali Asghar Dashti/Nasim Ahmadpour
Regia: Ali Asghar Dashti
Ideazione, Scrittura e drammaturgia: Nasim Ahmadpour Interpreti: Hamid Pourazari, Ilnaz Shabani
Con la presenza di: Nasim Ahmadpour, Ali Asghar Dashti
Coreografo: Mostafa Shabkhan
Video: Mohammadreza Rahmati
Progettista illuminotecnico: Niloofar Naghibsadati
Progettista grafico: Farhad Fozouni
Tecnologia: Jafar Hejazi
Assistente alla regia: Fatemeh Rouzbahani
Produzione: Gruppo Teatrale Don Chisciotte e Istituto Interdisciplinare Culturale-Artistico Nomi e Firme
Coproduzione internazionale: BAM teatro/ Kunstenfestivaldesarts
Cosa significa essere un ballerino quando ballare è proibito? Come ti senti quando sei costretto ad astenerti dal fare qualcosa a cui hai dedicato tutta la vita? Partendo da queste domande, la celebre drammaturga iraniana Nasim Ahmadpour insieme al regista Ali Asghar Dashti creano una performance giudicata “mozzafiato”.
Sul palco infatti, gli artisti descrivono i movimenti che avrebbero compiuto se avessero potuto ballare. Un doppio divieto: di fare e mostrare. E così le descrizioni come quella di un gesto della mano o di un passo di lato, affidano a noi spettatori la ricostruzione di una perfetta coreografia che non è più possibile realizzare.
Il racconto dettagliato e toccante si intreccia con episodi del recente passato, come la storia del regista teatrale Hamid Samandarian. Vietato il suo lavoro nei teatri all’inizio degli anni ’80, Samandarian decise con la sua compagnia di aprire un ristorante. Quando entravano i clienti, gli artisti provavano la stessa tensione che accusavano a teatro, come se gli avventori fossero il pubblico che prendeva posto nella sala.
Qualcuno può smettere di essere quello che è?
In un altro episodio, un regista detenuto si chiede se, facendo agire i suoi compagni di prigionia, potrebbe smettere per un momento di essere prigioniero.
Prendendo il titolo dal verso di una celebre canzone, We Came to Dance è un gioiello teatrale ed una lettera d’amore (incondizionato) per il palcoscenico.
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Il vecchio e il marlin
Da Ernest Hemingway
Traduzione e drammaturgia di Roberto Abbiati
Con Roberto Abbiati e Johannes Schlosser
Musica e suono Johanees Schlosser
Regia di Claudio Morganti
Produzione Gli Incamminati/ BAM teatro
Un vecchio perseguitato dalla sfortuna, alle prese con un vecchio pesce.
Due vite che si devono riscattare in un mare deserto.
Due esseri soli che per farsi compagnia decidono di darsi battaglia, una battaglia come un gioco, un gioco per sentirsi vivi.
La catena
di Emilio Lussu
drammaturgia di Nicola Fano
con Andrea Bosca
costumi Tommaso Lagattolla
per gentile concessione di Giovanni Lussu
Produzione BAM Teatro
Il patriota e intellettuale sardo Emilio Lussu rifiutò sempre ogni compromesso con il neo insediato regime fascista. All’ennesima provocazione degli squadristi che tentarono di penetrare armati nella sua abitazione di Piazza Martiri a Cagliari, Lussu si difese, armi in pugno. Con la conseguenza che la magistratura fascista, invece di mettere sotto inchiesta gli aggressori-oltretutto di un parlamentare in carica- condannò l’aggredito col carcere e il confino a Lipari. Confinati è la storia di questo confino che nell’autunno del 1926 portò Lussu (decorato al valore militare per la grande Guerra) nel gorgo dell’isolamento coatto. Da Lipari, remota isola delle Eolie, evase con un piano rocambolesco degno dei migliori romanzi di avventura. Vita vera, si direbbe.
Ma dopo di allora restò esule a Parigi per più di quindici anni, allacciando con costanza infaticabile, i fili dell’antifascismo alle democrazie europee fino a costruire la rete di alleanze dei governi britannico e statunitense con la Resistenza italiana, che favorì la Liberazione del 1945. Lussu racconta qui l’arroganza brutale del regime e la debolezza intrinseca del composito fronte delle opposizioni.
La sua scrittura restituisce la cronaca del cammino storico e politico che attraverso le leggi speciali del 1926, portò il fascismo a rivelarsi come un regime totalitario, violento, persecutore e soprattutto intollerante di ogni dialettica democratica.
Cento anni dopo questi accadimenti e a cinquant’anni dalla morte di Lussu, il suo racconto induce ancora a riflettere: come se un secolo e la grammatica del potere fossero passati invano. In scena Andrea Bosca, uno degli attori più apprezzati e impegnati del panorama nazionale.
Lo spettacolo sarà presentato a marzo 2025 a Parigi, nel cartellone dell’Istituto di Cultura.


La firma
Testo e regia di Valerio Vestoso
Testo inedito – novità italiana
Con Antonio Bannò
Foto di scena Domenico Imperato
Produzione BAM teatro
Un uomo porta in tribunale la coppia di coniugi cui, dieci anni prima, ha fatto da testimone di nozze.
I due, al capolinea della propria relazione, stanno infatti per divorziare, tra la rassegnazione di amici e parenti che in casi come questi preferiscono delegare il giudizio all’evidenza dei fatti.
Ma l’uomo non ci sta.
Non ci sta ad assistere allo sgretolamento facile e irrimediabile del matrimonio
su cui ha apposto una firma, non ci sta a restarsene con le mani conserte mentre i due prendono strade diverse, mandando all’aria un “contratto” in cui lui e un altro paio di figuranti (a questo punto non saprebbe definirli in maniera diversa) si impegnavano a garantire per loro, davanti alla chiesa gremita e al sacerdote che benediceva, la famiglia sul nascere.
Una questione di principio, la sua: surreale, drammatica, condivisibile dall’aula, perché stracolma di tesi, corollari e antitesi che lo aiutano a restare nel giusto, fino al momento in cui è costretto a svelare il vero motivo della citazione in giudizio.
Novelle orientali
di Marguerite Yourcenar
Traduzione Maria Luisa Spaziani
Edizioni Bur Contemporanea
Con Serra Yilmaz
Foto Daire
Visual Chiara Maria Baire
Produzione BAM Teatro
Una raccolta di storie preziose comparse per la prima volta nel 1938, mescolate a racconti e memorie di viaggi della scrittrice, grande amante dell’Oriente. È un Oriente largamente inteso, che va dai Balcani al Giappone, includendo perfino la Grecia e che si spinge fino all’India, ammantato di poesia e struggenti racconti, ora tragici, ora mitologici, ora ripresi da vecchie tradizioni sconosciute ai più, apologhi taoisti, miti indù che parlano di sentimenti umani e passioni nelle loro sfumature più varie e contraddittorie. La scrittura della Yourcenar, ricchissima ed elegante, regala un’aura da favola alle narrazioni proposte che brillano in una luce senza tempo e che ben si addicono ad una lettrice di eccezione, cosmopolita e appassionata come Serra Yilmaz. Percorreremo attraverso la sua interpretazione, un viaggio affascinante ed esotico in cui è il destino a prendersi gioco degli uomini e a guidare i loro passi.
Che fine hanno fatto i punkabbestia?
Testo e regia di Anna Piscopo
Con Anna Piscopo e Piero Lanzellotti
Produzione BAM teatro/ Fondazione Solares delle Arti – Teatro delle Briciole
In collaborazione con NurArcheoFestival
Una “sperimentale” stand up comedy che prova ad interrogarsi – non senza ironia- sul mondo dei Millenial e il loro rapporto col lavoro, suggestionato dal fenomeno delle GRANDI DIMISSIONI (o Big Quit), la tendenza economica del momento: dimissioni volontarie e in massa di migliaia di dipendenti dai loro posti di lavoro in tutto il mondo.
Il solo dato certo è che il mercato del lavoro sta cambiando molto, troppo più rapidamente che in passato e così col “Millennium bug” si è approdati nell’era della crisi permanente. A ben guardare dal terrorismo alla finanza, dal clima all’industria, dalle migrazioni alla sovrappopolazione, tutta la nostra storia si sviluppa intorno al concetto di crisi.
L’ unica costante della nostra epoca è il cambiamento, l’unica certezza che ci rimane è l’ incertezza.

BoxOffice
V.le Regina Margherita 43
09124 Cagliari
Teatro Alkestis
Via Loru, 31 – Cagliari
ore 21.00
26 e 27 ottobre 2024 – Ore 21.00
CONFINATI
appunti per una messa in scena da LA CATENA di Emilio Lussu
drammaturgia di Nicola Fano
con ANDREA BOSCA
per gentile concessione di Giovanni Lussu
Il patriota e intellettuale sardo Emilio Lussu rifiutò sempre ogni compromesso con il neo insediato regime fascista. All’ennesima provocazione degli squadristi che tentarono di penetrare armati nella sua abitazione di Piazza Martiri a Cagliari, Lussu si difese, armi in pugno. Con la conseguenza che la magistratura fascista, invece di mettere sotto inchiesta gli aggressori-oltretutto di un parlamentare in carica- condannò l’aggredito col carcere e il confino a Lipari. La catena è la storia di questo confino che nell’autunno del 1926 portò Lussu (decorato al valore militare per la grande Guerra) nel gorgo dell’isolamento coatto. Da Lipari, remota isola delle Eolie, evase con un piano rocambolesco degno dei migliori romanzi di avventura. Vita vera, si direbbe.
Ma dopo di allora restò esule a Parigi per più di quindici anni, allacciando con costanza infaticabile, i fili dell’antifascismo alle democrazie europee fino a costruire la rete di alleanze dei governi britannico e statunitense con la Resistenza italiana, che favorì la Liberazione del 1945. Lussu racconta qui l’arroganza brutale del regime e la debolezza intrinseca del composito fronte delle opposizioni.
La sua scrittura restituisce la cronaca del cammino storico e politico che attraverso le leggi speciali del 1926, portò il fascismo a rivelarsi come un regime totalitario, violento, persecutore e soprattutto intollerante di ogni dialettica democratica.
Cento anni dopo questi accadimenti e a quasi cinquant’anni dalla morte di Lussu, il suo racconto induce ancora a riflettere: come se un secolo e la grammatica del potere fossero passati invano. In scena Andrea Bosca, uno degli attori più apprezzati e impegnati del panorama nazionale.
Lo spettacolo sarà presentato a marzo 2025 a Parigi, nel cartellone dell’Istituto di Cultura.
16 e 17 novembre 2024 – Ore 21.00
ME NE VADO
testo e regia di Anna Piscopo
con MARIAL BAJMA RIVA e ANNA PISCOPO
testo inedito-under 35
finalista Premio InDivenire 2024_Roma
vincitore della residenza internazionale HUMUS 2024 Artisti nei territori _Matera
Il mondo degli adolescenti e il tema dell’attesa.
Un mix esplosivo, nel racconto del disagio (che si fa più evidente, dove il mondo è più piccolo) di due adolescenti di provincia che per noia hanno appena compiuto un massacro nel bar dove trascorrono gran parte delle loro giornate.
Me ne vado è l’attesa di una alluvione, più simbolica che realistica: metafora perfetta di una punizione divina o forse mezzo di salvezza.
Ma il suo “non arrivare” sembra negare lo sviluppo di ogni senso possibile del racconto.
Tutta la drammaturgia costruita da Anna Piscopo-una delle artiste più originali della nuova ribalta romana, anche cinematografica- vira intorno alle due protagoniste, immobili nel pensiero e come proiettate ai confini della realtà. Sembrano un’unità drammaturgica inscindibile, nonostante abbiano un loro personale vissuto che emerge di tanto in tanto con virulenza nei loro racconti.
Alla fine l’alluvione sembra giungere davvero, ma senza possibilità di salvezza per le le due protagoniste. Ancora una volta Carina e Dolores si dividono nella parola (una dice “andare”, l’altra “restare”) eppure i loro corpi finiscono per rimanere uniti a ribadire l’elemento della crudeltà, della disarmonia tra corpo e parola, tra senso e non senso, tra intenzione e agire.
Una commedia nera, senza redenzione, sul mondo dei giovani a cui non sappiamo più insegnare a diventare adulti.
29 e 30 novembre 2024 – Ore 21.00
VITA, MORTE E MIRACOLI
di e con BEATRICE SCHIROS
Progetto BIOGRAFIE a cura di BAM Teatro
Attrice drammatica, diplomata alla scuola del Teatro Nazionale di Genova ma con un talento prodigioso e a lungo nascosto per la comicità e il racconto, che mescola l’irriverenza caustica alla Dorothy Parker con certa semplicità emiliana, Beatrice Schiros- per dodici anni di fila iconica interprete del collettivo Carrozzeria Orfeo- era prima ancora celebre tra i suoi colleghi per i suoi aneddoti divenuti bibbia nel teatro italiano e pian piano passati alla platea dei suoi sostenitori, anche grazie alla rete e più tardi alla televisione. Unica nella elaborazione narrativa dei fallimenti, direbbe di sé: una vita da inascoltata con l’ausilio dei suoi animali. Tra bevute riparatorie (ma non sue) e disastrose ricette di vita (anche queste non sue), in mezzo a formule di felicità e paradigmi di fallimenti, racconta il vivere della donna oggi. Sempre in bilico tra la stund up e la tragedia greca, in un progetto originale nato per Discovery.
12 e 13 dicembre 2024 – Ore 21.00
I MONOLOGHI DELL’ATOMICA
tratto da “Preghiera per Cernobyl” di Svetlana Aleksievich e “Racconti dell’atomica” di Kyoko Hayashi
di e con Elena Arvigo
e con Monica Santoro
Premio Le Maschere del Teatro 2023 come miglior monologo
Considerata di diritto tra le migliori interpreti italiane, con una rassegna stampa da fare invidia ai grandi del palcoscenico, Elena Arvigo è capace di generare clamore ogni volta che intraprende una scelta artistica, classificando come imperdibile ogni sua esibizione. Non fa eccezione con I monologhi dell’atomica, drammaturgia desunta da Preghiera per Cernobyl di Svetlana Aleksievich( premio Nobel per la letteratura 2015) e Racconti dell’atomica di Kyoko Hayashi. In questo spettacolo porta nuovamente al centro del suo lavoro la figura femminile come testimone di episodi tragici legati alla guerra e alla criminalità delle scelte umane. I due fatti all’origine dello spettacolo sono le tragedie di Cernobyl e Hiroshima. Il 26 Aprile 1986 scoppia la centrale nucleare di Cernobyl , il 9 Agosto 1945 viene lanciata una bomba atomica su Nagasaki, per accelerare la resa del Giappone. Due capitoli ancora oscuri, due eventi che hanno segnato le coscienze mondiali e che qui vengono evocati dalla Aleksievich attraverso alcune testimonianze (tra cui quella di Ljudmila Ignatenko, moglie di un vigile del fuoco) e da Kyoko Hayashi , scrittrice ma soprattutto hibakusha: così si chiamano in Giappone i sopravvissuti alla bomba atomica.
La ricostruzione non è degli avvenimenti ma dei sentimenti, attraverso lo sguardo di queste donne -testimoni e scrittrici- in un’ideale staffetta, per coltivare la necessità della memoria. Il racconto di queste voci si concentra sulla dimensione umana della tragedia, sui sentimenti dei sopravvissuti, sulla storia profonda, interna, individuale di chi quegli avvenimenti li ha vissuti sulla propria pelle. Al centro dello spettacolo ci sono dunque le persone. La Grande Storia è raccontata attraverso le piccole storie delle persone che l’hanno subita, le loro emozioni, i loro sentimenti, i loro drammi. Vite interrotte o drasticamente mutate, quotidianità stravolta all’improvviso e distrutta. In scena con Elena Arvigo, Monica Santoro, attrice diplomata nel 2006 alla prestigiosa Accademia d’Arte Drammatica di San Pietroburgo e che ha lavorato a lungo al Teatro Laboratorio di Pjotr Fomenko. “I Monologhi dell’Atomica” fa parte di un progetto articolato sulle donne e la guerra dal titolo “Le Imperdonabili”: una serie di studi iniziati da Elena Arvigo nel 2013 su figure di donne, testimoni scomode -mitiche e reali- legate dal filo rosso della guerra, donne imperdonabili appunto perché testimoni scomode della realtà.
L’atto giornalistico e l’atto poetico diventano così simbolo e testimonianza di una resistenza prima di tutto e fieramente, del pensiero.
Categorie: Discovery
La luna e i falò
di Cesare Pavese
Adattamento dal romanzo di Andrea Bosca e Paolo Briguglia
Con Andrea Bosca
Regia Paolo Briguglia
Luci Marco Catalucci
Costumi Tommaso Lagattolla
Assistente ai costumi Donato Didonna
Foto di scena Franco Rabino
Foto Luca BrunettiVisual Chiara Maria Baire
Responsabile tecnico Tommaso Contu
Produzione BAM teatro
Nel viaggio alle origini, alla ricerca delle radici dove si nasce e dove si muore, la realtà si fonde con la memoria e una parlata viva e vera si innesta, come fosse una vite nuova, nei tagli freschi della poesia.
“Possibile che a quarant’anni, e con tutto il mondo che ho visto, non sappia ancora che cos’è il mio paese?” Anguilla è tornato da Genova, dall’America, dall’Altrove. Anguilla il bastardo cresciuto garzone, che fattosi uomo ricerca la terra, le piazze, le facce di allora.
Ma il passato si muove.
E mai rassicura. Perché “tutto è cambiato eppure uguale” a Canelli, sulla Langa e nella valle del Belbo. “E sulle colline il tempo non passa”.
Sotto alle cose, ai fatti, alle vite di chi è stato signore e di chi invece era niente, Pavese intravede simboli eterni del destino umano, il rito, il mito e si incammina coi suoi personaggi in un viaggio verso il primitivo e l’ancestrale. Uomini, donne e perfino le bestie, sono mossi da un sordo e mai pago desiderio che porta i più fragili a perdersi o a bruciare.
“La luna c’è per tutti” eppure “Qualcosa manca sempre”.
Nuto, il falegname del Salto e l’amico di sempre, “Nuto che non se n’era mai andato veramente, che voleva ancora capire il mondo, cambiare le cose, rompere le stagioni. O forse no, credeva sempre nella luna” diventa allora guida, Virgilio di campagna, custode di inconfessabili segreti.
E se qualcosa ancora rimane dopo i fuochi dei falò, è forse proprio la profonda amicizia che unisce Nuto ed Anguilla già dai tempi in cui era ragazzo e servitore alla cascina della Mora, quel riconoscersi quasi parenti della zappa e del clarino, lo stringersi a vita in umana e sociale catena.
“Non bisogna dire, gli altri ce la facciano, bisogna aiutarli”. L’incontro con Cinto, il ragazzino sciancato destinato alla miseria e all’ignoranza dall’altra faccia del mondo contadino che Anguilla va cercando, obbliga ad un confronto attuale e necessario con chiunque ancora sia convinto che il mondo finisca alla svolta della strada che strapiomba sul Belbo.
Perché per gli ultimi la Storia accade, ma non conta. Non c’è guerra, non ci sono fazioni, nè Liberazione. Solo l’affanno continuo di procurarsi un tetto e un piatto di polenta. “E vederlo su quell’aia era come rivedere me stesso”.
Anguilla se ne è andato, è tornato, ha fatto fortuna. Di fronte a Cinto non si può chiudere gli occhi. E le donne, direte?
Le donne sono solo evocate, un soffio della memoria. Non sono personaggi in presenza, ma in assenza. O meglio, la loro assenza le rende ancora più presenti.
“Una cosa che penso sempre è quanta gente deve viverci in questa valle e nel mondo che le succede proprio adesso quello che a noi toccava allora, e non lo sanno, non ci pensano…Anche la storia della luna e dei falò la sapevo. Soltanto, mi ero accorto, che non sapevo più di saperla”.
Se la lingua di Pavese è creata da a partire da un parlato semplice e popolare poi trasfigurato nel ritmo poetico della prosa, il linguaggio della scena ricerca la poesia nella prosa degli oggetti , dei corpi e dello spazio.
La forze simbolica del teatro trasforma le cose, le ri-destina, facendo di un fil di ferro una vigna, di luci lontane una collina, di un ritmo martellante un’ambiente ed insieme la sua suggestione emotiva nel cuore di chi ascolta.
Trasformare il romanzo in drammaturgia e spettacolo obbliga al confronto con una pagina scritta con sapiente bellezza, dove la maggior parte degli eventi sono collocati al passato.
L’intuizione di dare corpo a tre ruoli porta la scena a vivere qui e ora, alla confidenza di Anguilla occhi negli occhi col pubblico e a ad una dinamica in cui i tre personaggi coesistono continuamente, ricreando lo spazio e aprendo la scena ad un controcanto di azioni legate dal filo simbolico dell’immaginazione, proprio come i capitoli di Pavese sono uniti dalla forza lirica della sua scrittura.
ME NE VADO
Testo e regia di Anna Piscopo
Con Marial Bajma Riva e Anna Piscopo
Produzione BAM Teatro
Testo inedito – prima rappresentazione
(autrice e interpreti under 35)
Finalista Premio InDivenire Roma
Vincitore Residenza Humus 2024 – Artisti nei territori
Finalista Marte Live 2024 – Sezione Teatro
Me ne vado è un dramma sul tema dell’attesa (intesa come dimensione ontologica).
Oggetto dell’ attesa in questo caso è un’alluvione che ha una dimensione più simbolica che realistica. L’alluvione come metafora di punizione divina o invece di salvezza, ma il suo “non arrivare” nega lo sviluppo di ogni senso possibile.
Il testo è costruito attorno a due personaggi, immobili nel pensiero in uno spazio ai confini della realtà.
Carina e Dolores esistono insieme, come un’unità drammaturgicamente inscindibile, nonostante abbiano un loro personale vissuto che di tanto in tanto viene fuori con evidente differenza.
La loro funzione sembra esaurirsi nella dimensione della coppia presente: né i ricordi, né la presa di coscienza del perché si trovano lì (si saprà nella rievocazione, di un massacro che hanno commesso) le modifica, determinando un cambio nell’azione.
Condensato in un atto unico, il testo cerca di rispettare, scena dopo scena, un principio di simmetria per cui le situazioni si riflettono, come un gioco di specchi, annunciando epifanie e piccole variazioni
Il testo, infatti, esprime l’idea dell’impossibilità della salvezza. Al termine del racconto, quando finalmente l’alluvione sembra che stia per arrivare davvero, i due personaggi si dividono nella parola (una dice di andare, l’altra di restare), ma di fatto i loro corpi restano immobili e insieme, uniti, a ribadire l’elemento della crudeltà -inteso come disarmonia tra corpo e parola -tra senso e non senso.
MILLE
di Andrea Muzzi
Con Ninni Bruschetta e Annagaia Marchioro
Spazio e luci Stefano Valentini
Regia Andrea Muzzi
Produzione BAM Teatro
testo inedito-mai rappresentato – Debutto Nazionale
Mille è una commedia sul paradosso della gentilezza
Pietro è un uomo qualunque, così gentile da appartenere a una razza in via di estinzione.
Costanza è una intransigente burocrate che, dagli abissi di un ufficio pubblico, sta lottando con tutta sé stessa per diventare direttrice generale e riscattarsi da una vita spesa a timbrare pratiche.
Per fare lo scatto di carriera tanto agognato le manca solo la pratica numero Mille e quell’uomo dall’aria mite sembra l’occasione giusta per prendere la sperata rincorsa. I due si incontrano sotto il neon dell’ufficio numero 8, iperbole di un fantomatico futuro in cui una burocrazia distorta che sanziona la gentilezza e premia l’odio ha preso il sopravvento sull’umanità.
La colpa di Pietro? Non certo il fatto di aver stazionato fermo al semaforo per ben 37 secondi, provocando così il naturale turpiloquio dell’automobilista dietro di lui.
Comportarsi male è eticamente corretto nel mondo di Mille, ma non reagire all’odio ricevuto con l’odio dovuto, quello sì che è illegale. Con il suo comportamento irresponsabile, con questa educazione inopportuna, Pietro Marconi ha creato una falla nel sistema, con chissà quali conseguenze per l’ordine pubblico… Ora però dovrà fare i conti con Costanza, un mastino senza cuore determinato a concludere con buon esito la pratica più difficile della sua carriera.
Chi dei due avrà la meglio?
Due personaggi opposti, a tratti surreali, si scontrano nell’arena di un mondo parossistico, interrogandoci, a suon di risate, sul degrado etico a cui assistiamo nella vita di tutti i giorni.
Categorie: Press
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BRISEIS (A GAZA)
liberamente ispirato a
IL SILENZIO DELLE RAGAZZE
di Pat Barker
con Rita Atzeri
Cosa direbbe oggi Briseide guardando alla guerra e al sangue che scorre uguale, come mille anni fa?
Chi è oggi Briseide, lontana dal mito di Achille, eroe impunito dal successo?
Un racconto capace di essere sovversivo e documentato, per voce delle donne, ancora relegate nelle retrovie della storia.
Mangia!/reload
di e con Anna Piscopo
Produzione BAM Teatro
Mangia!/reload è la storia di una giovane donna che tenta di sbarazzarsi del suo ruolo di emarginata che vive nel mondo provinciale, gretto e bigotto in cui è nata. Per conquistare l’agognata promozione sociale, parte per Roma alla ricerca di un lavoro o di un uomo che possa sistemarla. Perché è questo che le hanno insegnato: si riesce grazie all’uomo, per cui nutrire soggezione e usando il corpo come pura merce di scambio. C’è anche il lavoro, ma quello della fisicità, della fatica, del dolore: altro non esiste. Il suo è l’inizio di un vagare confuso, istintivo, quasi bestiale tanto è senza punti di riferimento.
Lei sente, soffre, si ribella ma radici originarie sono troppo interiorizzate.
E diventa suo malgrado la preda ideale per un gioco al massacro dove finirà travolta e divorata dalla brutalità di una società spietata. Tornerà indietro, nel suo paese tra le grinfie di una madre che la obbliga a mangiare a nutrire sempre e solo il corpo voracemente.
Priva di una sua identità, senza nulla di veramente suo, per liberarsi dal condizionamento che la perseguita come una furia, dovrà letteralmente divorare la sua famiglia.
Mangia! usa il cibo come metafora di violenza e sfruttamento nella famiglia e nella società.

Foto Silvia Garzia
Bar Italia
Testo e regia di Anna Piscopo
Con Ylenya Giovanna Cammisa e Anna Piscopo
Produzione BAM Teatro
Un bar su una strada provinciale, le anime inquiete all’interno, l’ambiente mal illuminato.
Vite marginali.
Un “non luogo” di solitudini che si incontrano, ma pure ultimo presidio della condivisione umana.
Chiacchiere, “da bar”, che diventano pretesto narrativo nella provincia italiana.
Il racconto muove dal disagio dei più giovani che sembra maggiormente concentrato laddove il mondo si fa più piccolo. La provincia, appunto.
Una commedia (nera) sull’immobilità fisica e spirituale di una generazione di giovani che non sanno diventare adulti.
VIVERE!
di Piscopo/Carrozzi
Con Anna Piscopo
Testo inedito- Novità italiana
Produzione BAM teatro/Nutrimenti terrestri
in collaborazione con Beat 72
Testo inedito- Novità italiana
“…Dammi retta, per una volta, fa’ finta d’essere felice. Diventa normale, smettila di fare l’emarginata, fai i figli, lavora, lavati, cambia, scegli una vita, una qualsiasi, innamorati, muoviti, fai un passo, anche uno solo…”
Chiusa in casa, Calimba Di Luna è in panico: la tensione è alle stelle mentre si prepara ricevere Papi, un boss del Cartello conosciuto in chat che potrebbe riscattarla per sempre da un passato di abbandoni. Questo appuntamento sarà l’inizio di una nuova vita, un mix di emozioni troppo esplosive per una che, come lei, vive da anni segregata in casa, accumulando oggetti. Desiderio e paura fanno a pugni, mentre il condominio e la Asl la vogliono fuori dall’appartamento maleodorante.
Vivere! racconta con sarcasmo e comicità il disturbo dell’accumulo, scavando nella psicosi di una donna che si è “sepolta viva” in una casa piena di oggetti per non sentire il gelo della sua solitudine. Questa patologia, sempre più diffusa nel contemporaneo – basti pensare al successo del docu- reality tv Sepolti in casa (Hoarding: Buried Alive)- è il pretesto per interrogarsi sull’isolamento che sempre più persone sentono di vivere, anche quando non sono apparentemente sole.
Sepúlveda en devenir
Con Aurora Simeone
Prodotta da BAM Teatro/Teatro del sale
Nell’ottica di una multidisciplinarietà che conquisti anche la platea dei giovanissimi, nasce questo progetto legato allo scrittore Luis Sepúlveda, vittima celebre del Covid ma prima di tutto, cantore immortale di resistenza.
Queste le basi di Sepúlveda en devenir, coprodotto col Teatro del Sale e costruito – come annuncia il titolo – in step progressivi tra letture animate in un percorso trasversale che lega insieme letteratura, teatro di figura, favola e scrittura drammaturgica, nell’ottica sempre più diffusa di progetti di aggregazione generazionale, che sappiano contenere un messaggio di rinascita e ottimismo alla costruzione.
Protagonista e timoniere di questa avventura in scena, Aurora Simeone
Categorie: Portfolio