Qui e ora – Leggo 23 gennaio 2013

Leggo – Milano 23 gennaio 2013

Tragicomico Mastandrea

Franco Parenti – L’attore romano in scena con “Qui e ora”

Dopo tanto cinema (il film di Soldini, “Il comandante e la cicogna”, e quello di Andò, “ili trono vuoto”, giusto per citare gli ultimi due), Valerio Mastandrea aveva voglia di tornare in teatro. “Per ricaricarmi – dice – e ritrovare quel rapporto diretto col pubblico che solo lo spettacolo dal vivo ti può dare”.

Romano dal fascino stropicciato e indolente, per la sua nuova incursione in palcoscenico l’attore feticcio del cinema d’autore più engagé ha scelto di nuovo Mattia Torre, vecchio amico e autore lanciatissimo (è tra le firme della serie cult “Boris”). Dalla loro collaborazione era nato il monologo “Migliore”, surreale metamorfosi di un cattivo. E sempre di cattivi, o meglio di personaggi non proprio encomiabili, parla il nuovo “Qui e ora”, in scena da stasera al Franco Parenti. Protagonisti due uomini sulla quarantina (Mastandrea, che firma anche la regia, e Valerio Aprea). Hanno appena avuto un incidente su una strada secondaria nella desolata periferia romana. Le loro moto di grossa cilindrata sono ribaltate a terra, avrebbero bisogno di aiuto ma i soccorsi non arriveranno che tra un’ora. Nell’attesa, c’è tutto il tempo per prevaricarsi, accusarsi, darsi addosso. Una metafora spietata quanto ironica per “raccontare l’Italia di oggi dove siamo tutti disperati ma anziché darci una mano, ci mettiamo gli uni contro gli altri”.

 

Olga Battaglia

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Qui e ora – Corriere della Sera Roma 13 febbraio 2013

Corriere della Sera – Roma 13 febbraio 2013

Valerio Mastandrea: del teatro mi interessa la contemporaneità

“Metti due polli in un recinto, e si azzufferanno”. È l’idea di Mattia Torre, già declinata in “456” andato da poco in scena al Piccolo Eliseo, riassunta da Valerio Mastandrea protagonista da domani fino al 3 marzo al Teatro Ambra Jovinelli di “Qui e ora”. “456” l’ho adorato – dice l’attore romano-. Credo che Mattia sia uno dei migliori drammaturghi di questi tempi, uno dei pochi che sappia raccontare come le cose vanno veramente. E d’altra parte, qual è il compito del teatro se non affrontare il qui, e l’ora, come dice il titolo dello spettacolo? Io anche quando vedo film in crinolina devo trovarci qualcosa di contemporaneo, altrimenti non riescono ad intrigarmi”.
“Qui e ora”, dunque. Mastandrea in scena con Valerio Aprea, e Mattia Torre anche alla regia della sua storia di strade e di sangue, ma la cronaca c’entra poco. Un incidente appena avvenuto in una strada secondaria di un’isolata periferia romana , vicina al grande raccordo anulare. Non un passante. Non una casa. Nulla. Due scooter di grossa cilindrata, il primo ribaltato, idealmente sprofondato a terra, il secondo irriconoscibile,k un disastro di lamiere ancora fumanti. A terra, a pochi metri l’uno dall’altro, due uomini sulla quarantina: il primo immobile, l’altro rialzatosi in piedi con fatica. “Raccontiamo con stile tragicomico fino a che punto si può arrivare a odiare l’altro, invece di capirlo. E quando dico altro non intendo lo straniero, ma l’italiano che vive nell’appartamento accanto: chi apparente mente è a noi più vicino. Le condizioni di costrizione non fanno che accentuare la spaccatura”.
Riflette Mastandrea: “L’Italia degli ultimi vent’anni è stata segnata dal ‘noi contro di loro’: chi sta bene e chi sta male, chi prende la metro A e chi la B, chi il Mac e chi ha il pc. E adesso va ancora peggio. I due che ci troviamo di fronte non rientrano nelle fette della torta dei sondaggi, non sono precisamente identificabili. Sono due figli del nostro tempo, che al nostro tempo hanno reagito diversamente: l’uno è convinto di essere il motore della società, l’altro una vittima. E alla fine si danno addosso”.
Singolare coincidenza: il debutto romano dello spettacolo avviene quando esce nelle sale “Viva la libertà”, il film che vede l’interprete romano nel suo ruolo di un portaborse, al fianco di Toni Servillo nella trama diretta da Roberto Andò. “Il teatro – osserva Mastandrea – mi serve come metro di misurazione della mia voglia di fare ancora l’attore. Come fare le analisi del sangue. Ed è uno strumento meraviglioso per dipingere gli anni che stiamo vivendo”. Ammette: “Gli autori passati non li conosco neppure troppo. Ad interessarmi è l’oggi”. L’esperienza del Valle, ancora convinto che sia quella la via giusta? “Un’idea forte, portata avanti con determinazione. Certo, ogni progetto deve avere la capacità di evolversi, non rimanere impantanato nell’immobilismo. Ma mi sembra che stia accadendo”. Ma insomma, Mastandrea per suo figlio immagina un futuro rosa, grigio, burrascoso? Di chi si fida, guardando alle prossime elezioni? “Per ora con mio figlio fatico e me lo godo, è una gran soddisfazione. Il quadro politico è troppo complesso, non mi sbilancerò mail. Diciamo che credo nella vita”.

Laura Martellini

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Qui e ora – Il Messaggero 27 gennaio 2013

Rassegna stampa Ambra Jovinelli 27 gennaio 2013

 

Il Messaggero – Roma 27 gennaio 2013

Teatro – La città vista da Mastandrea desolazione e amicizia.
Mastandrea “una storiaccia on the road”

L’attore torna alle scene dopo sette anni con una pièce cruda e attuale scritta e diretta da Mattia Torre. Con lui l’amico e collega Valerio Aprea.
“Il dualismo che portiamo in scena non è una semplificata divisione fra destra e sinistra, fra laici e cattolici, fra etero e gay, ma fra due soggetti che sembrano usciti nelle torte dei sondaggi. La scelta radicalmente realistica della convivenza forzata e dilatata, poi, non vuole mettere lo spettatore davanti al dover dare per forza ragione all’uno o all’altro”.
Valerio Mastandrea, dopo un’assenza di sette anni dai palcoscenici, torna al teatro così, con Qui e Ora. Al suo fianco Valerio Aprea. “Questo spettacolo – continua l’attore  – è una metafora dello scontro tra civiltà. C’è una strada. Ma non è una vera e propria periferia, bensì uno di quegli spazi urbani dove si cominciano a costruire case in mezzo al niente. Altre cose non le racconto. E poi, in un’ora e un quarto, può perfino non accadere nulla”.
La pièce, scritta e diretta da Mattia Torre (autore noto per la fortunata serie televisiva Boris) sarà in scena all’Ambra Jovinelli dal 14 febbraio. “Lo spettacolo – dice Torre – è nato in modo molto diverso dagli altri che ho realizzato. L’idea di partenza era mia, ne ho parlato con Mastandrea, che a sua volta ha coinvolto la produzione. È partito così l’incarico, con data di consegna del copione e gli attori già definiti.”.
I due interpreti sono stati protagonisti dei primi monologhi scritti da Torre, In Mezzo al Mare e Migliore. “Sono attori straordinari, che non si limitano ad interpretare il testo, ma partecipano con la loro autorevolezza di autori e registi. In questo senso ci sono stati tanti momenti di confronto, anche molto acceso. Abbiamo lavorato duramente e il percorso è stato difficile: il risultato finale mi ripaga appieno”.
La scena si apre su un incidente tra due scooter, appena avvenuto su una strada secondaria completamente deserta: un disastro di lamiere da cui spuntano due uomini. Avrebbero bisogno di cure immediate, ma i soccorsi si fanno attendere un’ora e mezza”. Il tempo d’attesa – continua – equivale al tempo teatrale e questo dà allo spettacolo una forte aderenza alla realtà”. L’obiettivo è raccontare il Paese visto da un angolo desolante e abbandonati di una città, mettendo al centro le inquietudini e la rabbia che una civiltà complessa come la nostra può suscitare. “Lavoriamo su due figure opposte: per classe sociale, visione del mondo, atteggiamento e ruolo. Uno dei due è convinto della propria straordinarietà, l’altro è vittima di un’anonima ordinarietà. La sfida più grande è stata rappresentare due uomini tanto diversi che si parlano per più idi un’ora in una messinscena asciutta e scarna”. Temi sociali: “Mi stupisco quando scopro opere contemporanee di puro intrattenimento. Mi pare impossibile riuscire a scrivere qualsiasi cosa, oggi, senza fare i conti con l’incredibile e controversa realtà che ci circonda”.

Dello stesso avviso Aprea, che aggiunge: “Portiamo in scena due miserabilità opposte. Il mio personaggio fa parte della massa dominata che si trova nella totale impossibilità di accedere alle stanze dei bottoni. Mastandrea interpreta invece il ruolo di un protagonista del sistema dominante”. E conclude: “I personaggi che qui si scontrano ricordano quelli dei monologhi che Mattia ha scritto per me e Valerio. Per noi, amici nella vita, significa un po’ chiudere un cerchio”. Fino al 3 marzo.

Di Marica Stocchi

 

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Qui e ora – Il Manifesto 13 febbraio 2013

Il Manifesto – 13 febbraio 2013

Teatro – Valerio Aprea: “In scena come atto politico”

Uno scontro in una strada secondaria di una isolata periferia romana, vicina al raccordo anulare, senza nessuno intorno. Per terra feriti di due centauri, con i loro scooteroni, di cui restano solo i rottami. Fumanti. È l’apertura shock di “Qui e ora”, testo e regia di Mattia Torre con Valerio Mastandrea e Valerio Aprea che dopo un mese di tour “debuttano” all’Ambra Jovinelli di Roma dove saranno dal 14 febbraio al 3 marzo.
Uno spettacolo: “che racconta un paese senza concordia – come spiega il regista che ha già all’attivo numerosi testi teatrali e in tv ha scritto e diretto la serie cult ‘Boris’ – in cui non c’è un vero senso della cittadinanza”. un testo che mette in luce “una mancata coesione sociale e culturale nella quale confliggono i due personaggi”. un lavoro complicato nella stesura delle parti: “per evitare una divisione manichea: destra, sinistra, buono, cattivo”.
“Qui e ora” – che si riserva nonostante il tema trattato numerosi sipari comici – si fa testimonianza di tempi di crisi e insicurezza dove anche il papa dà le dimissioni… “C’è un deficit di rappresentanza che dà pochi spazi per la cultura. Una fase nella quale manca un’idea precisa sul futuro” E il teatro può servire? “Nonostante tutto – spiega Valerio Aprea coinvolto nel progetto dall’insistenza di Mastandrea – credo che fare teatro sia un’operazione politica reale. Un modo di incidere sulla realtà che coinvolge gli attori che recitano e il pubblico che verrà ad assistere agli spettacoli. I un’azione di militanza con cui far rinascere il teatro in Italia e in particolare a Roma”. Anche perché m sottolinea Mastandrea: “L’intrattenimento puro è diventato molesto, è qualcosa di anestetico e, di questi tempi, vale come un reato di collusione”. Ma per l’attore rappresenta un momento per staccare dal cinema: “Sono stato l’anno scorso sul set per 252 giorni, avevo bisogno di tornare a confrontarmi. Quasi come se facessi delle analisi del sangue per capire come stanno i valori di quello che faccio”.

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Qui e ora – Metro Milano 23 gennaio 2013

Metro Milano – 23 gennaio 2013

Mastandrea racconta gli incubi dei 40enni

L’avevamo lasciato a teatro nel 2005 con l’intenso monologo “Il Migliore”. Da stasera al 3 febbraio, Valerio Mastandrea, uno degli attori più amati del cinema italiano, protagonista di pellicole di successo come “La prima cosa bella” e “Tutta la vita davanti” di Paolo Virzì e di “Un giorno perfetto” di Ferzan Ozpetek, salirà sul palco del Franco Parenti con “Qui e ora”, una novità assoluta di MAttia Torre, pièce recitata in coppia con Valerio Aprea. Questa volta Torre, giovane autore della serie cult “Boris” e, per il teatro, di “456” andato in scena la scorsa stagione, oltre ad essere stato tra gli autori della trasmissione tv “Parla con me”, ha scritto settanta minuti per il palcoscenico che si tingono di grottesco, malinconia e ironia. Lo spettacolo inizia con un incidente appena avvenuto in una strada secondaria di un’isolata periferia romana, vicina al grande raccordo anulare, completamente deserta senza passanti né case, dispersa nei campi e nel nulla. Qui sull’asfalto si troveranno due scooter di grossa cilindrata subito dopo l’impatto: il primo ribaltato, idealmente conficcato a terra, il secondo irriconoscibile, un disastro di lamiere ancora fumanti. A prima vista sembra essersi trattato di un incidente importante e spettacolare che lascerà scoprire a terra, a pochi metri l’uno dall’altro, due uomini sulla quarantina. Il primo, immobile, potrebbe essere anche morto, l’altro muove piano un piede e a fatica si alza. Poi anche il primo aprirà gli occhi. In realtà, avrebbero bisogno di aiuto, ma non lo avranno. Avrebbero bisogno di cure, ma i soccorsi non arriveranno prima di un’ora e mezza. E, intanto, tra loro inizierà un dialogo che li unirà.

Antonio Garbisa

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Qui e ora – Il Tempo Roma 13 febbraio 2013

Il Tempo – Roma 13 febbraio 2013

Valerio Mastandrea da domani al 3 marzo all’Ambra Jovinelli
“Scelgo il teatro con grande egoismo”

Un incidente stradale in un’isolata periferia romana, completamente deserta: due scooter di grossa cilindrata subito dopo l’impatto a pochi metri di distanza due uomini sulla quarantina, uno immobile e l’altro che si muove a fatica. È lo spettacolo “Qui e ora” scritto e diretto da Mattia Torre, da domani al 3 marzo all’Ambra Jovinelli, con protagonisti Valerio Mastandrea e Valerio Aprea. Dopo il fortunato monologo “Migliore”, presentato sette anni fa proprio nello stesso teatro romano, la collaborazione fra l’attore, che nel frattempo ha vinto di David di Donatello per “La prima cosa bella” di Virzì e nell’ultima stagione è stato protagonista dei quattro film “Ruggine”, “Romanzo di una strage”, “Gli equilibristi”, e “Il comandante e la cicogna”, e l’autore, sceneggiatore e regista si rinnova per raccontare il cinismo dell’Italia di oggi nella deriva di un vuoto sociale, culturale e politico. “Scelgo il teatro per motivi di grande egoismo: funziona come un’analisi del sangue per valutare la mia voglia di fare questo mestiere” ha dichiarato Valerio Mastandrea. “Nel cinema quando lavori troppo, come mi è accaduto lo scorso anno, in cui ho girato 250 giorni su 365, se ne esci lucido, capisci come questo lavoro non vada affrontato con avidità. Rivedendo le scene dei miei film mi sono accorto che talvolta il mio occhio era di vetro e non riuscivo a pescare bene dentro. Il teatro è sudare in faccia alla gente e sputare parole verso un altro attore. Nella ripetizione del teatro c’è la ricerca continua, il ritorno alle origini. Vorrei portare sul paco una sana incoscienza che non deve diventare metodo. Penso che sia un gesto importante per se stessi e per gli altri riconoscere che uno spettacolo, un film un libro o un concerto aiutino a uscire dall’isolamento culturale e sociale: non si può vivere chiusi in una stanza, davanti a un computer, senza una dimensione partecipativa”.

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Qui e ora – La Repubblica 17 Gennaio 2013

La Repubblica – 17 Gennaio 2013

Valerio Mastandrea – “Qui ed ora, i due volti di questa nostra Italia in cerca di redenzione”

Uno, Valerio Mastandrea, è “spietato, dominatore, superficiale, attento all’esteriorità”. L’altro, Valerio Aprea, è “sofferente, vessato, vittima”. Entrambi però rispecchiano “due miserabilità”, come “volti dell’Italia di questi ultimi vent’anni”. L’incontro/scontro fra i due avviene in un incidente stradale fra due scooter, lasciando i superstiti su una strada di periferia in attesa di un’ambulanza che non arriverà mai. ” In questo intervallo di tempo – raccontano gli attori – si consuma un dialogo che fa emergere le differenze fra loro, che altro non sono che le divisioni del nostro Paese”. Nei settanta minuti di “Qui e Ora”, diretto da Mattia Torre, si compie la metafora di “un’Italia condizionata dalla contrapposizioni fra ‘noi e loro’, senza però cadere nella caratterizzazione di tipo politico”. A spiegarlo è lo stesso Mastandrea, volto noto del cinema (lo si ritrova ancora sul maxischermo nei panni del commissario Calabresi in “Romanzo di una strage” e dell’idraulico Leo in “Il comandante e la cicogna”), che torna a teatro dopo la bella prova d’attore nel precedente “Migliore”. “Il dualismo non è una semplificata divisione fra destra e sinistra, fra laici e cattolici, fra etero e gay, ma fra due soggetti che sembrano usciti nelle torte dei sondaggi”.
Dopo il debutto con successo a Cagliari nella produzione voluta da Marcella Crivellenti per BAM Teatro, “Qui e Ora” approda stasera all’Arena del Sole, davanti a un pubblico che i due attori riconoscono “esigente e ricettivo, ma molto caloroso verso le novità”. Uno spettacolo che rivela il feeling fra la coppia di interpreti che si misurano dopo aver recitato separatamente i monologhi di Torre, regista di culto della serie tv “Boris”. Mastandrea che interpreta il ruolo dell’esteta dominatore, sottolinea “il realismo sfrenato di una convivenza forzata e dilatata, senza però mettere lo spettatore davanti alla scelta di dover dar ragione all’uno o all’altro”. Aprea invece che subisce l’arroganza del partner in scena, descrive “il duello al sole come il modo più efficace per riflettere sulla condizione umana con ironia e sarcasmo”. Nello spettacolo si ride, n maniera anche molto amara, di fronte a un testo “non centrista”, assicura Mastandrea che confida invece “nella coscienza critica di chi lotta e vuole riprendersi la vita e le cose, non lasciandosi scivolare addosso gli eventi”.

Anna Tonelli

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Qui e ora – Gazzetta dello Sport 13 febbraio 2013

La Gazzetta dello Sport – 13 febbraio 2013

A Roma con “Qui e ora”
Mastandrea a teatro “Il mio atto molesto”

Valerio Mastandrea torna a teatro, dal 3 marzo all’Ambra Jovinelli di Roma, con “Qui e ora” testo di cui è autore e regista Mattia Torre. L’attore, presentando il nuovo impegno, dice: “L’intrattenimento puro è diventato molesto, è anestetico e , di questi tempi, vale come un reato di collusione”. Al suo fianco avrà Valerio Aprea. Interpretano due motociclisti che, dopo uno scontro frontale, in attesa dei soccorsi, finiscono per mettersi l’uno contro l’altro.

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Qui e ora – La Repubblica critica Rodolfo di Giammarco 2013

La Repubblica – Critica Rodolfo di Giammarco

Mastandrea e Aprea aspettano Godot sullo scooter

Con presenza scenica da “schizzato” strafottente, con voce da attaccabottoni che non smette di torturare, e con molestia empatica che è degli attori popolari capaci di comunicare un pensiero anche con un niente, Valerio Mastandrea dà un radicale senso di trauma e deriva allo spazio incidentato di “Qui e ora” scritto e diretto da Mattia Torre. Sull’asfalto, due scooter che si sono scontrati. L’altra vittima del sinistro è Valerio Aprea, che a differenza del primo, uno chef con rubrica da un milione e mezzo di ascoltatori, è disoccupato, separato, spiantato. Essendo il 2 giugno, i soccorsi (Godot?) non arrivano. E Mastandrea disprezza, maltratta senza pietà il compagno di disgrazia dolorante a terra. Dissidio di cellulari, di esterno che svanisce. Finchè un apologo lucido del più “sfigato” accenna a un anticlimax che interrompe l’altrui logorrea da inferno a porte aperte (un po’ confinante con la fiction) e ribalta i destini, fa calare un’ombra. Mastandrea superbo, Aprea bravo come Leporello.

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Qui e ora – Corriere della Sera febbraio 2013

Corriere della Sera – Roma 22 febbraio 2013

Giochi di bravura fra due attori

“Io tutto questo non lo merito e, sentire questa ingiustizia, prelude a cose non buone” dice uno zoppicante Aurelio in tono minaccioso a Claudio, che giace malmesso steso a terra sull’asfalto. I due, rispettivamente interpretati da Valerio Mastandrea e Valerio Aprea, sono reduci dall’essersi appena scontrati con i propri scooter in una strada periferica deserta e sono in attesa di aiuti che non arrivano mai, nell’ultimo lavoro di Mattia Torre, “Qui e ora, che firma anche la regia e si replica all’Ambra Jovinelli sino al 3 marzo. Anche quindi nel momento del bisogno, della pietà che dovrebbe essere naturale, quello che sta meglio aggredisce l’altro in una sorta di metafora dell’Italia di oggi (il giorno dell’incidente è il 2 giugno), priva di identità, prima vi solidarietà, di senso civile in un sentimento generale di smarrimento, di sentirsi senza futuro. Una situazione grottesca che appare perfino comica, anche se il riso si spegne subito amaro. I due non hanno connotazioni ideologiche. Claudio è separato e disoccupato e Aurelio lo accusa di innervosirlo e lo tratta con disprezzo, insultandolo nei modi più coloriti (da contadino depresso a omeopata) e minacciando di dargli fuoco. Aurelio si sente più forte, intanto perché è un piccolo personaggio radiofonico, un cuoco e, col telefonino, è costretto a realizzare in diretta, per non perderla, la sua trasmissione di cucina, dal luogo dell’incidente, rendendola del tutto paradossale. Questo finché comincerà a sentirsi male, mentre l’altro inizia a stare meglio e a rialzarsi da terra. E non raccontiamo altro per lasciare un poco di sorpresa agli eventuali spettatori.
Mastandrea è perfetto, strafottente, agitato, insicuro, egoista e Aprea sembra solo un po’ più oppresso dalla vita (e dalla mamma) e sembra più umano, ma riuscirà anche lui a rivelare il vero sé: il loro è un gioco di bravura, sostenuto dalla scrittura fluida, vivace per invenzioni, articolata e realistica di Torre, che lavora sul quotidiano per parlarci di altro.

Paolo Petroni

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Qui e Ora – La Repubblica 20 gennaio 2013

La Repubblica – 20 gennaio 2013

Valerio Mastandrea caduto dallo scooter

Dopo un incidente con i loro due scooter, due uomini si ritrovano a terra uno accanto all’altro, immobile uno, l’altro in piedi a fatica. Aspettano i soccorsi che non arrivano, aiuti che non si vedono e… Il testo di Mattia Torre (coautore di Boris) è il ritorno a teatro di Valerio Mastandrea dopo 7 anni, qui con Valerio Aprea.

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Qui e ora – Il Giorno 23 gennaio 2013

Il Giorno – Milano 23 gennaio 2013

Il debutto al Franco Parenti
Mastandrea surreale duetta Qui e ora

Ai tossici del teatro, capita ogni tanto di alimentare le proprie ossessioni su internet. E c’è un video disponibile su youtube, che col tempo è divenuto una pietra miliare. Oltre il concetto di palcoscenico, di scrittura, di dramma o di cultura. Sono gli spezzoni di quella puntata del Maurizio Costanzo Show del 1994, in cui Carmelo Bene si ritrovò solo su una poltrona. Di fronte a lui, una platea piuttosto eterogenea. A l’Italia tutta. È un pezzo rarissimo di istrionismo e folle logorrea, di spunti intellettuali e provocazioni.

Da vedere. Fosse solo per capire quanto manchino oggi personaggi come Carmelo Bene. Comunque i più attenti possono scorgere in platea, un ragazzotto dal taglio di capelli improbabile, che si passa una mano sugli occhi ascoltando l’ennesimo sfogo del Divo (“Siete una platea di morti!”, urlava, e ancora si trema). Insomma, quel ragazzotto era Valerio Mastandrea, all’epoca una specie di borgataro dall’umorismo schietto, appena scoperto dal cinema.

Si faticava a seguire, ma si vede che di quelle provocazioni parecchio ha assorbito, vista la successiva carriera cine-teatrale. Così, a distanza di quasi vent’anni, Mastandrea è ora l’icona del cinema indipendente italiano (o quel che ne rimane), in bilico fra una sorta di resistenza artistica e ruoli più corposi, più vicini al main stream. Con su tutti “La prima cosa bella” di Paolo Virzì (bellissimo), che gli è anche valso un David di Donatello come migliore attore. Ogni tanto lo si è visto anche a teatro, scelte sempre molto curate che non hanno deluso. Come il “Rugantino” di fine anni Novanta, tutto esaurito ogni sera.

O il monologo “Migliore” di qualche anno fa, firmato da Mattia Torre, uno degli autori della serie televisiva cult “Boris” e non troppo tempo fa del riuscito “456”, andato in scena la scorsa stagione. E proprio con Torre l’attore romano torna ora al palcoscenico dopo ben sette anni di silenzio teatrale. L’occasione è il testo “Qui e ora”, recentemente debuttato a Cagliari e da stasera al Franco Parenti. Piazza importante, dove ci si mette in gioco sul serio. Dai, dai, dai! direbbe René Ferretti interpretato da Pannofino nella serie…
Duetto dai tratti surreali, dove Mastandrea si prova anche alla regia, mentre in scena si ritrova in compagnia di Valerio Aprea, altro viso conosciuto del piccolo schermo. Loro due a interpretare le vittime di uno scontro motociclistico. Due corpi a terra, due anime morte (forse). È successo un incidente dai tratti spettacolari, due scooter a centrarsi nel nulla di una stradina secondaria della periferia romana. Non passa un cane, figurarsi un passante. Di case in giro non se ne vedono proprio. Ma dalla lamiere fumanti escono questi due quarantenni che cercano di capire come riescano ancora a stare in piedi. A parlare, ad esistere.

In un’atmosfera grottesca, dalle mille sfumature. A pochi chilometri di curve dalla vita, che però spingono a concentrarsi su un presente legato all’attimo, al momento. Con gli interrogativi esistenziali a farsi spazio in mezzo a una graffiante ironia. Che tutto e tutti pare coinvolgere.

Diego Vincenti

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Qui e ora – La Repubblica 22 gennaio 2013

La Repubblica – 22 gennaio 2013

Mastandrea in scena “Vi racconto l’odio che divide gli italiani”
Domani a Milano con “Qui e Ora”

Roma – Con quella sua imbronciata simpatia, il tono di voce sempre un po’ assonnato come stesse inseguendo i suoi pensieri, Valerio Mastandrea si scusa: “Ho fatto tardi ma ero solo con mio figlio che doveva mangiare. Con lui la vita si è un po’ stravolta, ma va bene così. Sì , sono contento di tornare a teatro. Negli ultimi due anni ho fatto un’overdose di cinema, Nessuno mi può Giudicare, Ruggine, Tutti al Mare, e poi, Romanzo di una Strage, Gli Equilibristi, Padroni di Casa, il film di Soldini, Il Comandante e la Cicogna, ho appena finito Il Trono Vuoto di Andò… Sarà banale dirlo ma il teatro per me è un “umanomentro”, una pila che mi ricarica”.
La “ricarica” è Qui e Ora, uno spettacolo all’apparenza di quelli da toccare ferro perché racconta di due uomini (l’altro attore è Valerio Aprea) che hanno un incidente di moto che si ritrovano feriti per terra senza che nessuno li soccorra. “Ma ci saranno molte sorprese e il racconto va nel senso tragicomico”, dice Mastandrea. In scena da domani al Teatro Franco Parenti di Milano, Qui e Ora è il terzo spettacolo di Mastandrea, il secondo firmato da Mattia Torre, coautore della serie TV cult Boris “è da dieci anni mio amico – dice – lo sottolineo perché per me questo vuol dire condividere un modo di lavorare, avere gli stessi obiettivi: raccontare il presente in maniera ironica”

Che vuol dire raccontare il presente?

“Confrontarci con il senso tragicomico di questa nostra epoca e di questo nostro paese. Noi lo facciamo con un testo che non è democristiano, pacificatore, e due personaggi che sono facce della stessa medaglia”.

E la medaglia qual è?

“Noi italiani di questi ultimi vent’anni: incazzosi, sempre in trincea, sempre pronti a metterci gli uni contro gli altri anche quando la miseria per cui combattiamo è la stessa. I due personaggi dello spettacolo sono in una situazione limite e si comportano come due galli da combattimento, come se la posta in gioco fosse ottenerne un posto al sole che reclamano in modo assolutamente tragicomico.”

Ma si sente anche lei così brutto come questi personaggi”

“Io? io sono della generazione dei nati nel ’70. Siamo stati i figli dei primi genitori separati, quindicenni senza il cellulare, adolescenti senza Internet, cosa che ci ha permesso di non nascondere in un social network la nostra timidezza. Come tanti miei coetanei ho attraversato un mucchio di cambiamenti ma almeno mi sono risparmiato gli anni Ottanta, quegli anni orribili dello yuppismo, perché ero troppo piccolo”.

E allora?

“Parlo per me: perduto mi sento perduto, caratterialmente, ma ho la coscienza di ciò che sta fuori di me. Tra pochi giorni, poi, saranno 41 anni. Mi sento come uno che ha finito un percorso e ne comincia un altro. Voglio capire quanto ancora mi piace questo mestiere non quanto piaccio al pubblico. Il lavoro per me è una spinta non per sopravvivere ma per fare qualcosa di diverso, di stimolante”.

Ed è soddisfatto di quello che ha fatto finora?

“Abbastanza”

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Qui e ora – Il Giorno 25 gennaio 2013

Il Giorno – Milano 25 gennaio 2013

Andiamo a teatro

Qui e ora
Valerio Mastandrea, uno dei nuovi protagonisti del nostro cinema torna in scena con una novità assoluta di Mattia Torre, giovane autore della serie cult “Boris”. Fra grottesco, malinconia e ironia, lo spettacolo comincia con un incidente in una strada secondaria di un’isolata periferia romana, completamente deserta, senza passanti, né case. Un incidente spettacolare: a terra, a pochi metri l’uno dall’altro, due uomini sulla quarantina…

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Qui e ora – Repubblica gennaio 2013

Repubblica – Milano 25 gennaio 2013

Mastandrea campione di italici difetti
In “Qui e ora” interpreta un uomo che rivela la sua aggressività dopo un incidente stradale

Lotta di classe a ridosso del grande raccordo anulare. Azzerate politica e ideologie, lo scontro diventa assalto individuale, prevaricazione, insulto, guerra di tutti contro tutti. Grande ritorno di Valerio Mastandrea in teatro, che sempre in coppia con Mattia Torre (già autore di Migliore nonché della serie tv cult Boris), in Qui e Ora scatta l’istantanea di un’Italia piena di rabbia vuota e di fantasia, dove ci si mena per un parcheggio ma si va in visibilio per gli chef star perché cucinare non è mai stato tanto fico. Per raccontarla senza moralismi ci vuole il giusto umorismo feroce. Qui ce n’è parecchio e di ottima qualità. Il pubblico ride a crepapelle ma quel che si porta a casa è l’immagine precisa di un paese alla deriva. Dove c’è ben poco da ridere.

TESTO
Due uomini hanno appena avuto un incidente alla periferia di Roma: sono nel mezzo del nulla suburbano, gli scooter ridotti a un groviglio di lamiere e nemmeno loro stanno troppo bene. È il due giugno, le Frecce tricolore rombano sulle loro teste, i soccorsi non arrivano. Ma tra Aurelio (Mastandrea) celebrity radiofonica di un programma di cucina, e Claudio (Valerio Aprea), disoccupato perseguitato da madre ansiosa, nessuna solidarietà è possibile. Mattia Torre ha preso il classico schema dello scontro a due in situazione blindata per trasformarlo nel microscopio che rende visibile il virus di un odio che sa di arretramento barbarico. Lo fa con talentuosa originalità: padroneggia trama, dialoghi e personaggi, fa galoppare il ritmo con tocco di classe nel finale a sorpresa, conosce l’arte della battuta e la sintesi della metafora, soprattutto sa inventare una lingua che sembra presa direttamente dalla strada me è al contrario frutto di un raffinato lavoro di cesello. Quel che si dice un autore di gran razza.

INTERPRETAZIONE
Arrogante, aggressivo, stressato, scorretto. Giustamente tamarro in tuta da ginnastica, giacca da biker e cellulare in iperattività. Mastandrea non solo costruisce un campione perfetto di tanti italici difetti, ma ne sa fare un personaggio in progressiva evoluzione dalla prepotenza alla disfatta. Una prova d’attore che conferma talento, sensibilità, intelligenza, ironia. Istintivamente empatico con il pubblico, non ne abusa mai. Valerio Aprea gli regge bene il gioco nel ruolo del perdente in cerca di un’impossibile rivincita dalle frustrazioni. Un duello senza vincitori combattuto da due ottimi interpreti.

Sara Chiappori

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Qui e ora – Il Secolo XIX 9 marzo 2013

Il Secolo XIX – 9 marzo 2013

Qui e Ora giovedì al genovese
Sulle barricate con Mastandrea
L’attore “la cultura deve cambiare. Come? Tornate a teatro, è un atto politico”.

La politica è cambiata. ora tocca alla cultura. Anche perché, secondo Valerio Mastandrea, attore romano, 41 anni, “andare a teatro o al cinema è un atto politico”.
Per chi sta sotto i riflettori, come per il pubblico. E su questa convinzione l’artista, che sarà al Politeama Genovese giovedì con “Qui e ora”, insieme a Valerio Aprea, ha plasmato ogni scelta di una carriera che non sbaglia un colpo e che oggi lo vede, con una media di tre film all’anno e all’attivo titoli come “Romanzo di una strage”, “Gli equilibristi” e “La prima cosa bella” di Paolo Virzì che gli vale il David di Donatello nel 2010 come attore protagonista, tra gli artisti più corteggiati della sua generazione. Ma non chiamatelo attore impegnato, per carità. “Sono semplicemente un cittadino impegnato” spiega Mastandrea ” e con questo lavoro cerco di dare il mio contributo, di far riflettere sui problemi del nostro Paese. Anche perché oggi la politica si fa così, dal basso. La gente vuole un rinnovamento vero e lo sta dimostrando, i vecchi sistemi, fatti di strategie, non funzionano più”. Vero, le persone escono nelle piazze, ma stentano ancora a entrare in un teatro e anche i cinema non se la passano certo meglio.
“Dobbiamo arrivare anche a questo: riportare gli spettatori in sala, di fronte a spettacoli che servano da stimolo, che coinvolgano, che facciano pensare. Certe espressioni artistiche ormai sono etichettate come cultura d’élite, solo per pochi e non per il grande pubblico. Così i cinema chiudono”.
Nulla contro la tv, ovviamente, ma certo stare passivamente davanti al teleschermo non ha lo stesso significato. “La televisione è un’altra cosa” prosegue l’artista “è più rassicurante, mi riferisco soprattutto a quella generalista, il suo compito è dare certezze. Non potrà mai svolgere lo stesso ruolo, a volte anche provocatorio, del cinema o del teatro”. beh, non proprio tutto il cinema però.
“Guardi, io non sono contrario di principio ai film commerciali, anche i cinepanettoni vanno bene, basta che riportino la gente al cinema” dice Mastandrea che ha anche creato a Roma una scuola di cinema gratuita intitolata a Gian Maria Volontè “ma a patto che poi le persone tornino anche per vedere altro”. Insomma, per cambiare le cose bisogna uscire di casa, incontrarsi, confrontarsi. Anche uno scontro va bene, certo, come precisa l’attore “purché sia costruttivo”. E quello al centro dello spettacolo “Qui e ora” che vede due uomini diversissimi entrare in collisione, in seguito a un incidente stradale, di che tipo è?
“È uno scontro tra due persone che hanno un’identità sociale molto diversa; l’idea è quella di metterle in una situazione al limite, in un’ipotetica strada periferica romana, in attesa dei soccorsi, e vedere cosa succede: quale aspetto prende il sopravvento, se la solidarietà o l’istinto di sopraffazione, di distruzione. Ed è uno spaccato della cultura occidentale contemporanea, anzi soprattutto dell’Italia. Ma con una forte vena comica, c’è un umorismo sottile e tagliente che percorre tutto lo spettacolo”. Non possiamo certo svelare il finale, ma che ritratto del Paese esce fuori?
“Quello che posso dire è che affiora un atteggiamento purtroppo molto italiano, cioè prevale l’individualismo più sfrenato. Perché è questo l’esempio dominante a ogni livello, alla tv ma anche più in alto”. I due personaggi, un professionista in carriera, sicuro e aggressivo, e un poveraccio disoccupato e mammone, sono entrambi sulla quarantina.
Potrebbe sembrare un addebitao di responsabilità a una generazione che, forse, on ha fatto abbastanza per cambiare le cose. Accusa prontamente respinta dall’attore: “io questa responsabilità non la sento proprio. La mia generazione ha vissuto profonde trasformazioni sociali, noi quarantenni di oggi siamo stati giovani nelle strade, nelle piazze, nei bar e adesso ci ritroviamo sui social network. Il vero problema è che sono vent’anni che votiamo contro qualcuno e non perché crediamo in qualcuno. Ci limitiamo a difenderci. Ma, come dicevo, le cose stanno cambiando”.

Emanuela Schenone

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Qui e ora – L’unità febbraio 2013

L’Unità – 22 Febbraio 2013

Guerra Civile Qui e Ora
Mastandrea e Aprea incidente fra classi sociali

Lo spettacolo di Mattia Torre è un invito a mettere da parte il cinismo e la diffidenza che sembrano aver attaccato tutti come una malattia.

Roma- È un invito giocoso a deporre le armi questo bel testo di Mattia Torre interpretato da una coppia di attori molto ben assortita: Valerio Mastandrea e Valerio Aprea. La guerra che si combatte è quella civile fra cittadini incattiviti e sperduti in questo nostro Paese dove perfino un cuoco di fama (Aurelio, a cui presta la voce e il corpo un cinico Mastandrea) può diventare bersaglio di rivendicazioni personali e oggetto di un incidente non proprio casuale.
Dallo scontro fra due scooter, in una periferia romana, inizia la pièce Qui e Ora (commissionata dalla produzione cagliaritana BAM Teatro), un atto unico della durata di circa 70 minuti. Tanto dura l’attesa dei due protagonisti, in una roma deserta nel giorno della Festa della Repubblica, prima di vedere arrivare i soccorsi del 118. Lo scontro è bello forte, spettacolare, in tutti i sensi: rumore, fumo, due mezzi uno sull’altro, Aurelio e Claudio sdraiati a terra. Poi, poco alla volta, il primo comincia a muoversi e si alza in piedi, prova a camminare, zoppica, ma risponde al telefono come se nulla fosse accaduto.C’è da fare una diretta radio! Il programma si chiama Qui e Ora ed è un vero spasso vedere Mastandrea che inventa ricette e dà consigli “emozionali”… Intanto anche la seconda persona coinvolta nell’incidente apre gli occhi, Claudio non ce la fa a rimettersi subito in piedi, ma appena apre bocca ci pensa Aurelio – un arrogante che crede di sapere tutto – a presentarcelo: Claudio altro non è, secondo lui, che un povero agricoltore; vorrebbe abitare a Boccea (dove in effetti vive), invece vive di stenti – sempre secondo Aurelio-; ha una moglie di Pomezia, un figlio ritardato e… questo credo possa bastare per farvi capire che la guerra di classe fra i due è in atto da subito. Una guerra fra classi sociali, dove Aurelio naturalmente è il più forte, mentre Claudio è il debole della situazione, almeno fino ad un certo punto, quando cioè troverà la forza per sfogarsi e vomitare veleno contro quel “fighetto” che pensa, come tutti i suoi simili, solo alle sciarpette di cashmere, agli aperitivi e ai loft ricavati da “fabbriche o da ex forni crematori”! Sì, il dialogo è giusto in tutto: nei tempi, nelle battute efficaci, nel linguaggio diretto al quale ormai Mattia Torre (autore tra l’altro della fortunata serie televisiva Boris) ci ha abituati. Ma anche dei due interpreti c’è da dire che sono perfetti nelle loro parti. Incarnano fino in fondo questo cinismo profondo che sembra permeare il nostro Paese, dove perfino una situazione difficile, come può essere un incidente stradale, diventa terreno di lotta in cui poter sfogare tutto ciò che non ci va giù e la sfiducia verso le istituzioni si trasforma in odio, ferocia, desiderio di vendetta.
Ed è vero, come suggerisce lo stesso Torre nelle sue note di regia, che in questa pièce è come se si incontrassero due dei suoi precedenti personaggi:il protagonista di In Mezzo al Mare (in scena Valerio Aprea) con il suo senso di inadeguatezza, e il protagonista di Migliore (Valerio Mastandrea) con la stessa dove di malvagità. Un incontro/scontro che in realtà fotografa cosa siamo per invitarci ad essere più sereni e pacifici. Peccato aver dovuto aspettare sette anni prima di rivedere Mastandrea a teatro (Migliore era del 2005). Dunque, per lui abbiamo un suggerimento: qualche film in meno e qualche spettacolo teatrale in più farebbero bene a noi e forse anche a lui.

Francesca de Santis

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Qui e Ora – L’Unione Sarda 6 gennaio 2013

L’Unione Sarda – 6 gennaio 2013

Valerio nella “clinica” teatro: in scena cattiverie quotidiane

Ripartire dalla sardegna e da Cagliari in particolare, a cui Valerio Mastandrea è legato da lungo tempo. “I motivi sono tanti, ma non tanto quello della partita vinta a tavolino dalla Roma all’inizio del campionato”, dice con tono scherzoso l’attore capitolino che, insieme a Valerio Aprea, da mercoledì a domenica sarà nel capoluogo ospite della rassegna di prosa Cedac con una pièce attesa in prima nazionale al teatro Massimo, dal titolo “Qui e ora”, coprodotta da BAM Teatro di Marcella Crivellenti e Vasquez y Pepita, con il testo e la regia di Mattia Torre, le scene e i costumi di Alessandro Lai.
Dopo l’ultimo periodo trascorso a fare cinema – Ospetek, Brizzi, Piccioni, Giordana, De Matteo, Soldini sono i registi che lo hanno diretto negli ultimi anni – Mastandrea è tornato sul palcoscenico per un altro corpo a corpo con se stesso e con lo spettatore. “ho sentito la necessità di dedicarmi nuovamente al teatro, che fa sempre bene. Come fosse una clinica dove ti riprendi da un certo modo di fare l’attore”.

Qual è la trama dello spettacolo?
“È una storia piccola e terribile, molto italiana, occidentale, che ci rappresenta molto. Un incontro tra due persone in una situazione limite, causata da un incidente in scooter. Ciò che viene fuori è un livello di cattiveria e di analisi della vita dell’altro, impietosa e tipica dei giorni nostri.

Solo il teatro produce etica? E il cinema?
“I film che danno messaggi non mi piacciono. Preferisco quelli che mettono dubbi, stimolano una riflessione”

Come nascono le idee per i suoi spettacoli? Al suo amico e collega Ascanio Celestini, ad esempio, vengono in bicicletta, o magari cambiando un copertone. Brecht raccontava che, quando prendeva lezioni di guida, il suo insegnante gli suggeriva di fumare il sigaro, un espediente per far si che non fosse interamente concentrato sul volante.
“A me vengono stando fermo. Nel caso di questo nuovo spettacolo, però, le idee sono di Mattia. Io e Valerio abbiamo messo il gettone e ci siamo fatti pilotare bene”.

Ha interpretato parecchi personaggi: c’è uno in cui si riconosce più di altri?
“Ci sono alcuni personaggi che sicuramente ho interpretato più facilmente. Uno che mi porto appresso e che ogni tanto ritorna, a seconda del momento che vivo, è quello di Stefano Nardini nel film “Non pensarci” di Gianni Zanasi. Un personaggio che faceva fatica a vivere felice ma era sostenuto dall’ironia, benché immerso in situazioni limite in cui faceva brutte figure”.

In un momento così drammatico per il nostro Paese, quali input possono arrivare dal teatro?
“Penso che alla fine la differenza non la facciano il teatro e il cinema, ma la gente, coloro che dal basso hanno finalmente deciso di rivendicare le cose. Vedo in giro una rabbia diffusa che cerca di abbattere il muro delle ingiustizie. Abbiamo il diritto di riprendere tutto ciò che è stato abbandonato a se stesso. detto questo, letteratura, cinema, musica, teatro, sono in prima linea per stimolare, sensibilizzare, risvegliare le coscienze”.

Trova più faticoso fare teatro o cinema?
“Il teatro è tosto, non ti permette di lamentarsi. Contrariamente al cinema, dove c’è tempo solo per questo e il vero lavoro dura poco”.4

Il teatro resta sempre il luogo privilegiato per una riflessione comune?
“Potrebbe esserlo. Bisogna avere uno spazio, ma anche la voglia di confrontarsi”.

Il 2012 è stato l’anno della televisione, con un vero e proprio boom di ascolti, probabilmente, anche perché di soldi in questo periodo ne girano pochi e andare a teatro o al cinema costa.
“La crisi si fa sentire ovunque e non possiamo certo obbligare le persone a frequentare le sale teatrali e cinematografiche. Ormai uscire di casa implica una spesa, a prescindere da quello che si fa. Nonostante i biglietti dei teatri italiani siano tra i più gassi d’Europa, forse anche qui bisognerebbe adottare delle politiche più intelligenti. Inoltre, non bisogna dimenticare che cinema, teatro, musica, danza, sono settori che contribuiscono a creare sviluppo, per questo c’è bisogno di leggi che sostengano aiutino e non producano tagli “.

Carlo Argiolas

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Qui e ora – La Stampa gennaio 2013

La Stampa – 25 gennaio 2013

“Qui e Ora”: Mastandrea dalla tv al palcoscenico
Una commedia grottesca con finale a sorpresa

Cracco, Vissani e co., sappiatelo: la vostra nemesi può attendervi dietro l’angolo di una strada, quando meno ve lo aspettate. Lo suggerisce “Qui e ora”, testo inedito di Mattia Torre (uno degli autori della serie “Boris”) che Valerio Mastandrea mette in scena e interpreta insieme a Valerio Aprea. Una commedia folgorante e grottesca che fotografa un frammento dell’esistente che potremmo essere tutti sordi ed egoisti, arroganti e vendicativi, uno dei cui spunti è l’insopportabile deriva presa dal parlare di cibo e cucina in tv.
Un crash, una gran nuvola di polvere, silenzio. Sullo sfondo del palco la scultura impennata e collassata di due scooter. Due uomini a terra. Poi un cellulare squilla. Un corpo si muove, una voce risponde: “Ho fatto il botto col motorino. Sto bene, sono in piedi. Arrivo”. Seconda telefonata al 118 per denunciare l’incidente e chiedere un’ambulanza. “C’è un morto e a me fa molto male la caviglia”. Da questo momento in poi la vicenda si tinge sempre più dei colori dell’assurdo: la periferia romana è desolata e deserta, le ambulanze non arrivano perchè impiegate per la parata del 2 giugno. Anche il “morto” si dimostra vivo benché molto acciaccato. Tra i due incidentati si stabilisce un dialogo improbabile e paradossale, in quella che ben presto assumerà anche le caratteristiche di una contrapposizione di classe.
Il primo, sproloquiante, esagitato (Mastandrea) è “chef motivazionale” radiofonico-televisivo di successo, “uomo – come lui stesso si definisce – che emerge dalla mischia palla al piede” e va sempre in rete. L’altro (Aprea) è un proletario disoccupato, lagnoso e vittimista, perdente per antonomasia. Il tempo passa: il vincente si infiacchische, l’altro prende forza. Un ribaltamento dei ruoli abbastanza prevedibile, ben gestito dai due interpreti, che lascia spazio a un piccolo colpo di scena finale.

Adriana Marmiroli

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Qui e ora – L’Unione Sarda 9 gennaio 2013

L’Unione Sarda – 9 gennaio 2013

“Il mio paese senza collante dove l’altro diventa nemico”
Mattia Torre firma e dirige la pièce “Qui e ora”

“Il tempo dello spettacolo coincide con l’attesa dei soccorsi dell’incidente inscenato.. Due personaggi si trovano in una situazione estrema, in un Paese estremo qual è l’Italia, senza collante. E questa è una storia di disamore tra i cittadini di questo Pease, dove anche se fa incidente, a parità di ragione o colpa, l’altro diventa tuo nemico”. Il regista, sceneggiatore e autore Mattia Torre osserva la realtà con una lente critica forgiata a colpi di nuda e cruda cronaca italiana. Il Paese dell’odio, dice tra le righe, mentre qualche metro indietro a prendere le misure del Massimo di Cagliari si trovano gli attori Valerio Mastandrea, che ritorna in Sardegna per la felicità dei fan, e il collega Valerio Aprea alla sua prima volta in città (e probabilmente quasi nessuno sa che è il nipote del musicista Tito, direttore anche al Conservatorio cagliaritano dal 1963 al 1974).
Il capoluogo isolano ospita la prima nazionale, oggi alle 20.45, di “qui e ora”, pièce scritta e diretta dallo sceneggiatore di “Boris” e autore, con altri, del programma di Serena Dandini “Parla con me”. La coproduzione della compagnia cagliaritana BAM teatro e di Vasquez y Pepita, con le scene di Paolo Bonfini, i costumi di Alessandro Lai e le luci di Luca Barbati, arriva nella stagione “M’illumino di prosa” del Cedac e si replica sino a domenica (la sola recita fissata alle 19). E venerdì gli artisti, coordinati dal giornalista Francesco Abate, incontrano il pubblico alle 17.30 nell’Aula Magna del Corpo aggiunto della facoltà di Studi Umanistici di Cagliari.
Lo spettacolo si delinea come un ritratto corrosivo e grottesco della società, fra drammi personali e collettivi narrati con sguardo disincantato e amara ironia. Dopo un incidente tra due scooter restano a terra due uomini sulla quarantina. Avranno necessità dei soccorsi che però non arriveranno prima di un’ora e mezza. “Avevo parlato di questa idea con Mastandrea e con Marcella Crivellenti, direttore artistico di BAM Teatro, che aveva già curato la distribuzione del mio monologo ‘Migliore'”, spiega.
Il fatto è che la crudezza dei nostri tempi va raccontata, secondo Torre, fresco reduce da un altro successo teatrale, “456”, che per un mese ha visto il pienone al Piccolo Eliseo di Roma. “Anche quella è una commedia tragica che parla di odio e le persone venivano nei camerini a chiedere perché una storia così cruda”. Colpa del Paese scollato, ribadisce. Senza ideali. Ma che va a teatro, pare più di prima. “Se al teatro dai la possibilità di esistere, se hai qualcosa da dire, il pubblico lo frequenta: sono ancora sorpreso ed entusiasta del numero di spettatori al Piccolo Eliseo. Ciò che serve è una maggiore cultura del teatro e gli operatori”. Anche i giovani amano il teatro, più di prima. Ma questo non è un Paese per giovani. “Anzi, un ostacolo da superare. In quello spettacolo facevo dire a uno dei personaggi che la gioventù è una malattia: bisogna aspettare che passi”.

Manuela Vacca

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