Qui e ora – La Repubblica 22 gennaio 2013
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- Data di creazione 27 Marzo 2017
- Ultimo aggiornamento 2 Aprile 2017
Qui e ora - La Repubblica 22 gennaio 2013
La Repubblica - 22 gennaio 2013
Mastandrea in scena "Vi racconto l'odio che divide gli italiani"
Domani a Milano con "Qui e Ora"
Roma - Con quella sua imbronciata simpatia, il tono di voce sempre un po' assonnato come stesse inseguendo i suoi pensieri, Valerio Mastandrea si scusa: "Ho fatto tardi ma ero solo con mio figlio che doveva mangiare. Con lui la vita si è un po' stravolta, ma va bene così. Sì , sono contento di tornare a teatro. Negli ultimi due anni ho fatto un'overdose di cinema, Nessuno mi può Giudicare, Ruggine, Tutti al Mare, e poi, Romanzo di una Strage, Gli Equilibristi, Padroni di Casa, il film di Soldini, Il Comandante e la Cicogna, ho appena finito Il Trono Vuoto di Andò... Sarà banale dirlo ma il teatro per me è un "umanomentro", una pila che mi ricarica".
La "ricarica" è Qui e Ora, uno spettacolo all'apparenza di quelli da toccare ferro perché racconta di due uomini (l'altro attore è Valerio Aprea) che hanno un incidente di moto che si ritrovano feriti per terra senza che nessuno li soccorra. "Ma ci saranno molte sorprese e il racconto va nel senso tragicomico", dice Mastandrea. In scena da domani al Teatro Franco Parenti di Milano, Qui e Ora è il terzo spettacolo di Mastandrea, il secondo firmato da Mattia Torre, coautore della serie TV cult Boris "è da dieci anni mio amico - dice - lo sottolineo perché per me questo vuol dire condividere un modo di lavorare, avere gli stessi obiettivi: raccontare il presente in maniera ironica"
Che vuol dire raccontare il presente?
"Confrontarci con il senso tragicomico di questa nostra epoca e di questo nostro paese. Noi lo facciamo con un testo che non è democristiano, pacificatore, e due personaggi che sono facce della stessa medaglia".
E la medaglia qual è?
"Noi italiani di questi ultimi vent'anni: incazzosi, sempre in trincea, sempre pronti a metterci gli uni contro gli altri anche quando la miseria per cui combattiamo è la stessa. I due personaggi dello spettacolo sono in una situazione limite e si comportano come due galli da combattimento, come se la posta in gioco fosse ottenerne un posto al sole che reclamano in modo assolutamente tragicomico."
Ma si sente anche lei così brutto come questi personaggi"
"Io? io sono della generazione dei nati nel '70. Siamo stati i figli dei primi genitori separati, quindicenni senza il cellulare, adolescenti senza Internet, cosa che ci ha permesso di non nascondere in un social network la nostra timidezza. Come tanti miei coetanei ho attraversato un mucchio di cambiamenti ma almeno mi sono risparmiato gli anni Ottanta, quegli anni orribili dello yuppismo, perché ero troppo piccolo".
E allora?
"Parlo per me: perduto mi sento perduto, caratterialmente, ma ho la coscienza di ciò che sta fuori di me. Tra pochi giorni, poi, saranno 41 anni. Mi sento come uno che ha finito un percorso e ne comincia un altro. Voglio capire quanto ancora mi piace questo mestiere non quanto piaccio al pubblico. Il lavoro per me è una spinta non per sopravvivere ma per fare qualcosa di diverso, di stimolante".
Ed è soddisfatto di quello che ha fatto finora?
"Abbastanza"