Novantadue – Corriere del Mezzogiorno marzo 2016

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  • Ultimo aggiornamento 14 Marzo 2017

Novantadue - Corriere del Mezzogiorno marzo 2016

Corriere del Mezzogiorno 20 marzo 2016

Dentro la città
A cura di Vanni Fondi
La recensione
I delitti di mafia in scena ricordano la tragedia greca
Marcello Cotugno trasforma una delle pagine più buie della storia repubblicana in un allestimento che ricalca nelle sue
linee essenziali i caratteri tipici della tragedia greca. Complice ovviamente la scrittura di Claudio Fava che realizza in
questo “Novantadue – Falcone e Borsellino 20 anni dopo” (in scena oggi alle 18 al Piccolo Bellini) un ordito narrativo
capace di tenere insieme cronaca dettagliata dei fatti e pathos, lacerante oggi come allora. Lo confermano gli applausi
finali del pubblico in piedi, un misto di tributo alla lucida efficacia degli attori ma soprattutto un omaggio alla memoria
dei due magistrati caduti in nome di uno Stato patrigno. Due figure, quella di Falcone e Borsellino (interpretati con
sorprendente verosimiglianza da Filippo Dini e Giovanni Moschella) che sin dalle prime battute rivelano la propria
predestinazione, proprio come gli eroi ellenici, conducendo la propria ostinata solitaria battaglia contro la mafia
consapevoli di una fine annunciata. Simili ad Achille o a Ettore, i due mostrano la propria forza svelando però anche le
proprie debolezze e le proprie paure, in un empito di umanità, che coinvolge anche un mafioso detenuto (interpretato
da Pierluigi Corallo), che dopo il maxi processo contro cosa nostra con sentenza del ’92, avverte Borsellino della sua
condanna a morte. Uno spettacolo per ricordare quindi, ma che rispetta il teatro, avvincente dalle prime alle ultime
scene, fra le quali notevole quella con il corpo di Falcone coperto su di un tavolo come il Cristo di Mantegna
S. de St.

 

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