Qui e ora – Repubblica gennaio 2013

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  • Data di creazione 27 Marzo 2017
  • Ultimo aggiornamento 2 Aprile 2017

Qui e ora - Repubblica gennaio 2013

Repubblica - Milano 25 gennaio 2013

Mastandrea campione di italici difetti
In "Qui e ora" interpreta un uomo che rivela la sua aggressività dopo un incidente stradale

Lotta di classe a ridosso del grande raccordo anulare. Azzerate politica e ideologie, lo scontro diventa assalto individuale, prevaricazione, insulto, guerra di tutti contro tutti. Grande ritorno di Valerio Mastandrea in teatro, che sempre in coppia con Mattia Torre (già autore di Migliore nonché della serie tv cult Boris), in Qui e Ora scatta l'istantanea di un'Italia piena di rabbia vuota e di fantasia, dove ci si mena per un parcheggio ma si va in visibilio per gli chef star perché cucinare non è mai stato tanto fico. Per raccontarla senza moralismi ci vuole il giusto umorismo feroce. Qui ce n'è parecchio e di ottima qualità. Il pubblico ride a crepapelle ma quel che si porta a casa è l'immagine precisa di un paese alla deriva. Dove c'è ben poco da ridere.

TESTO
Due uomini hanno appena avuto un incidente alla periferia di Roma: sono nel mezzo del nulla suburbano, gli scooter ridotti a un groviglio di lamiere e nemmeno loro stanno troppo bene. È il due giugno, le Frecce tricolore rombano sulle loro teste, i soccorsi non arrivano. Ma tra Aurelio (Mastandrea) celebrity radiofonica di un programma di cucina, e Claudio (Valerio Aprea), disoccupato perseguitato da madre ansiosa, nessuna solidarietà è possibile. Mattia Torre ha preso il classico schema dello scontro a due in situazione blindata per trasformarlo nel microscopio che rende visibile il virus di un odio che sa di arretramento barbarico. Lo fa con talentuosa originalità: padroneggia trama, dialoghi e personaggi, fa galoppare il ritmo con tocco di classe nel finale a sorpresa, conosce l'arte della battuta e la sintesi della metafora, soprattutto sa inventare una lingua che sembra presa direttamente dalla strada me è al contrario frutto di un raffinato lavoro di cesello. Quel che si dice un autore di gran razza.

INTERPRETAZIONE
Arrogante, aggressivo, stressato, scorretto. Giustamente tamarro in tuta da ginnastica, giacca da biker e cellulare in iperattività. Mastandrea non solo costruisce un campione perfetto di tanti italici difetti, ma ne sa fare un personaggio in progressiva evoluzione dalla prepotenza alla disfatta. Una prova d'attore che conferma talento, sensibilità, intelligenza, ironia. Istintivamente empatico con il pubblico, non ne abusa mai. Valerio Aprea gli regge bene il gioco nel ruolo del perdente in cerca di un'impossibile rivincita dalle frustrazioni. Un duello senza vincitori combattuto da due ottimi interpreti.

Sara Chiappori

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