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SHAKESPEARE: EMOZIONI PER L’USO – II Edizione

 

 

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Il progetto Shakespeare: emozioni per l’uso è stato il primo esperimento dalla nostra costituzione (dopo un originale e felice tentativo nel 2008 nato con la regista Cristina Pezzoli e la drammaturga Letizia Russo, intitolato PPP incentrato su Pasolini e le parole del potere, riservato unicamente ad attori e creativi) di un progetto destinato ai giovani, articolato tra la formazione e lo studio del teatro sul riconoscimento e il racconto delle emozioni, attingendo alla eredità infinita dei classici e dell’autore per antonomasia: William Shakespeare. La valenza artistica interseca una urgenza che maturiamo impellente dalla cronaca: manca una premura verso le nuove generazioni a registrare e gestire la propria emotività, pure nella frenesia di comunicare continuamente il proprio stato e un input smisurato alla condivisione attraverso i social media. Ci preme contestualmente insegnare ad avere con i social un uso consapevole e più ragionato. Tema peraltro al centro di riflessione -etica e filosofica- anche nel mondo degli adulti. L’idea del progetto si ispira alla lezione dall’opera di Charles e Mary Lamb e al loro celebre Tales from Shakespeare una raccolta di “ riassunti imperfetti” delle opere del Bardo, che volevano essere un’iniziazione o punto di partenza verso la scoperta delle opere originali del drammaturgo soprattutto per le bambine, discriminate nel XVIII secolo dall’accesso alla cultura. L’intento divulgativo interseca la registrazione di questo disagio, specie nelle zone dove i ragazzi sono lasciati più soli e vuole offrire la possibilità di incasellare a dovere emozioni e stati d’animo e saperli contestualizzare, dirigere, metabolizzare e condividere ove necessario e possibile. Un percorso dunque educativo che consente (soprattutto col sussidio delle attività laboratoriali che lasciano più libertà all’espressione dei singoli) il riconoscimento e la gestione delle emozioni in una nuova grammatica del racconto che aiuta stemperare la carica e la violenza -che spesso molte emozioni portano a corredo- e fortifichi nella costruzione più equilibrata delle relazioni interpersonali. In linea con la filosofia e il target del progetto, per la promozione degli eventi si è deciso di attuare una compagna di comunicazione utilizzando i social network Facebook, Instagram e piattaforme di messaggistica istantanea come WhathsApp e Telegram, impiegando grafiche originali Pop Art che fossero di forte impatto visivo, più condivisibili e conformi ad un pubblico giovane.

 

 

 

 

CONFERENZE, SPETTACOLI E LABORATORI – I Edizione

 

 

“(…)Tutto il teatro di Shakespeare è attraversato da una regola (e che in Amleto, per esempio, trova evidenza massima col celebre “to be or not to be”): la nostra volontà e il destino seguono strade diverse. Noi seguiamo un progetto, un’idea, un desiderio ma il destino si prende incarico regolarmente di cambiare tutto, modificando la traiettoria. Se dovessimo semplificare con una frase, prenderei a prestito John Lennon: “la vita è quello che ti succede, mentre sei occupato a fare altri progetti.” – Nicola Fano

 

“(…)Si resta intrappolati nelle letture di Shakespeare perché nessuno più di lui ha saputo raccontare l’uomo e metterlo di fronte alle sue emozioni.
Cambiando tempi, epoche e scenari sono ancora lì, uguali e ugualmente potenti. Ci appartengono e ci insegnano più di ogni racconto, la nostra umanità e quanto possiamo essere grandi e fragili nello stesso tempo.” – Andrea Bosca

 

“(…)Se ci pensate, la scrittura di Shakespeare ben si adatta alla rapidità del linguaggio contemporaneo e in particolare alle dinamiche della comunicazione social.
Il pensiero che noi abbiamo usando i social è quello di riuscire dire tutto in uno spazio compresso. Di farci capire ed esprimerci, utilizzando pochi caratteri.
Qualcuno ha detto che Shakespeare è un autore “twitterabile”: molte delle sue citazioni sono assorbite in toto nei modi di dire collettivi, ormai da secoli. Pensate solo al “to be or not to be” di Amleto: a prescindere dalla lingua in cui vogliate tradurlo, conta meno di 140 caratteri.” – Carla Ghiani

 

 

VISUAL

 

 

 

 

 

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