L'istruttoria

L’Istruttoria

L’istruttoria

Di Claudio Fava

 

Con: Claudio Gioè e Donatella Finocchiaro

Musiche composte ed eseguite dal vivo dai Dounia

Giovanni Arena-Contrabbasso

Vincenzo Gangi-Chitarra

Riccardo Gerbino- Percussioni

Faisal Taher- Voce

Scene Mariella Bellantone

Costumi Metella Raboni

Luci Maurizio Arena

Regia di Ninni Bruschetta

Produzione Nutrimenti Terrestri in collaborazione con BAM teatro

 

Ogni processo è un palcoscenico irripetibile.

Un luogo che incrocia destini, parole, follie.

Che ricostruisce la storia dei fatti e quella dei pensieri che li precedettero.

Che mescola menzogna e verità.

In questo senso, il processo in morte di Giuseppe Fava (assassinato dalla mafia davanti all’ingresso del Teatro Stabile di Catania il 5 gennaio 1984) è già teatro: per la storia civile che rivela, per l’umanità malata di certi suoi personaggi, i testimoni imbelli, i mafiosi arroganti, gli investigatori ignavi.

Ma anche per coloro che non si piegarono, che conservarono intatta la memoria delle cose accadute e del loro perché.

Ecco: la rimozione e la ribellione.

Era questo che andava raccontato, ben oltre la minuzia dei verbali delle udienze.

(duecentotrentaquattro per la precisione, duecentosettanta i testi ascoltati, seimila pagine di verbali…)

Ed è ciò che ha fatto Claudio Fava.

In un testo che si fa archetipo del teatro verità, pur conservando estrema fedeltà a ciò che in quel dibattimento fu detto, l’autore ha voluto si ricostruiscono non solo il processo, ma il suo tempo, le voci e i silenzi che lo percorsero, le ragioni di un delitto e quelle, perfino più gravi, dell’oblio.

Oggi di quel processo resta in apparenza solo una sentenza di condanna.

Eppure dietro i riti della giustizia, c’è sempre altro.

Come la celebre Istruttoria di Peter Weiss non è solo il canto d’orrore e di dolore per l’inferno dei lager nazisti, anche questa istruttoria racconta la morte di un giornalista per narrare tutta la ferocia della mafia, l’oltraggio irrisolto della sua violenza, la viltà dei complici.

E soprattutto la rabbia dei sopravvissuti.

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