Thom Pain – Il Manifesto 26 settembre 2010

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  • Data di creazione 2 Aprile 2017
  • Ultimo aggiornamento 2 Aprile 2017

Thom Pain - Il Manifesto 26 settembre 2010

Il Manifesto - 26 settembre 2010

Le Vie dei Festival - In scena con Eno e Celine
Elio Germano, passioni esistenziali di attore

Elio Germano è un attore coraggioso e intelligente. Non solo per la famosa frase detta a Cannes quando gli è stata attribuita la palma d'oro come miglior attore, quanto per le scelte che continua a compiere, non facili e anzi controcorrente. Come quella di ritornare a teatro dove aveva iniziato la sua carriere, dopo aver raggiunto fama e successo con il cinema. Così, in una sola estate, ha preparato ben due diverse serate teatrali presentate finora in ordine sparso, che hanno avuto la possibilità di essere viste in sequenza all'Auditorium grazie alla Vie dei Festival, la manifestazione che da anni porta nella capitale il meglio di quanto si è potuto vedere in estate nei luoghi più disparati.
Pochi avevano visto un suo lavoro piccolo e significativo, realizzato con Elena Vanni, dal titolo già molto eloquente: Verona Caput Fasci. Ora però la passione artistica civile si allarga a una sorta di globalità esistenziale. Il primo pezzo è un monologo, che Germano assume totalmente su di sé, sulla sua fisicità, il suo viso, i suoi gesti. Un monologo a ruota libera, scritto da un americano premio Pulitzer, Will Eno, e dal titolo Thom Pain (basato sul niente), dove il cognome significa dolore e rivela già una parte costitutiva del suo carattere. Ma quella creatura apparentemente scollata, con in continui racconti di episodi incoerenti, le citazioni e di traumi subiti, l'inaffondabile ottimismo e la tentazione di qualche sconclusionato gioco di prestigio, ci porta al dolore di una umanità profonda. Sulla sua vita si sono accanite furie di ogni tipo, ma lui riesce a scapolare ogni volta grazie proprio all'esorcismo della parola, e in questo caso del teatro. Acchiappa spettatori ignari dalla platea, irride alla sua stessa impotenza di entertainer. Fa ridere, ma molto amaro. E commuove ma sobrietà. È un bell'esercizio di attore, che con tanti minimi frammenti costruisce un mosaico unitario e misterioso. È uno che certo abbiamo avuto modo di conoscere, e che ogni volta eviteremmo di salutare. (...).

Gianfranco Capitta

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